La tutela della privacy viene limitata un’altra volta quando a entrare in campo sono le esigenze del lavoratore e dell’azienda a cui lo stesso appartiene. È quanto in sostanza viene affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4258 del 16 marzo 2012, in cui la stessa dichiara illegittimo il licenziamento di una dirigente accusata di aver utilizzato la password altrui per accedere al sistema aziendale. La Suprema Corte, infatti, ha accolto le giustificazioni addotte dalla lavoratrice secondo cui la ripetuta utilizzazione di una password altrui era giustificata da esigenze connesse con lo svolgimento del proprio lavoro e di quello degli altri suoi colleghi (in particolare il recupero dei dati necessari per selezionare i clienti morosi e procedere, dunque, al recupero dei crediti dell’azienda di appartenenza). Non vi è stata, pertanto, alcuna intromissione indebita nei dati di un altro lavoratore protetti da password né alcuna violazione della privacy del titolare dell’account utilizzato dalla lavoratrice sanzionata. I Giudici hanno inoltre considerato decisivo per il rigetto del ricorso presentato dalla società ricorrente il fatto che tale comportamento attuato dalla dipendente fosse conforme a una prassi aziendale e non fosse vietato da alcun codice di comportamento.
lunedì 26 marzo 2012
Utilizzo di password altrui in azienda: non è violazione della privacy
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento