mercoledì 27 marzo 2013

Curiosità: in Italia grazie al digitale ricavi per 20 miliardi nei settori creativi

Un recente studio condotto  da Booz & Company e Google sull’andamento dell’industria creativa nel nostro Paese e in Europa (editoria e stampa, cinema, tv, musica e gaming) ha messo in evidenza quanto questa si avvantaggi degli strumenti offerti dalla digitalizzazione: lo studio segnala infatti per questo settore una crescita annua in Italia di circa il 2% a partire dal 2001 e quasi 20 miliardi di ricavi negli ultimi 10 anni (in linea con quanto accade nel resto d’Europa). In particolare i creatori grazie alla digitalizzazione godono di una più facile distribuzione delle loro opere e di nuovi e più numerosi canali per raggiungere il pubblico.
Lo studio evidenzia anche quanto siano cresciuti negli ultimi anni i ricavi provenienti dal business digitale (15% annuo) parimenti a un aumento considerevole del consumo dei media (basti pensare che secondo lo studio dedichiamo ora ad Internet circa il doppio del tempo rispetto a sette anni fa).

lunedì 25 marzo 2013

Decreto cyber-sicurezza: quid novi?


Nella G.U. del 19 marzo è stato pubblicato l’attesissimo DPCM 24 gennaio 2013, recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale, c.d. decreto cyber-sicurezza.
Con il consueto ritardo rispetto ai principali partner europei che hanno da tempo istituito organismi istituzionali deputati all’espletamento delle medesime funzioni, il Legislatore italiano in tale provvedimento si è limitato a prevedere che  il CISR (Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica) debba essere sentito ai fini dell'adozione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri delle direttive in materia di sicurezza cibernetica.
Ma la vera novità, forse, potrebbe essere nella decisione di istituire presso la Scuola di formazione del DIS  - Dipartimento delle informazioni per la sicurezza di cui all'art. 4 della legge n. 124/2007 - “un organo dedicato, cui affidare anche compiti funzionali alla promozione e diffusione di una cultura della sicurezza cibernetica”?
Oppure nella costituzione di un Nucleo per la sicurezza cibernetica, da istituire presso l'Ufficio del Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri?
O forse ancora potrebbe essere nella previsione di un organo interministeriale da attivare in caso di crisi, individuato nel Nucleo interministeriale situazione e pianificazione, di cui al DPCM 5 maggio 2010, prevedendone una configurazione, quale "Tavolo interministeriale di crisi cibernetica"?
Purtroppo, non sembrano doversi rilevare innovazioni concrete, e che quindi non si limitino all’intento di definire “l'architettura istituzionale deputata alla tutela della sicurezza nazionale relativamente alle infrastrutture critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla protezione cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali”.
Il timore di molti, però, è che la moltiplicazione di centri decisionali renda in realtà più faticosa l’adozione di seri provvedimenti in materia di sicurezza cibernetica.
Da ultimo, occorre rilevare che il DPCM in commento riprende le definizioni già utilizzate nel Glossario pubblicato dal DIS, che per la prima volta, dunque, fanno la loro comparsa in una normativa (almeno) di livello secondario.
Per il resto, non resta che aspettare il previsto “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali”, dalle cui misure, tuttavia, non dovranno derivare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato, come disposto espressamente dall’art. 13 del DPCM in commento.

sabato 9 marzo 2013

Ecco perché secondo me Grilli e Giaguari non sono sufficienti per garantire un futuro (anche digitale) al nostro Paese


Guardiamo tutti pazientemente e con una certa dose di disagio quanto sta accadendo nel tessuto sociale, economico e politico del nostro Paese. La crisi si avverte sempre di più e il mondo politico, invece di cavalcare l’innovazione in un momento così delicato, resta immobile in una imbarazzante paralisi, immerso come è nella palude che ha contribuito a generare.
Tutto questo si riflette, come ben sappiamo, sul mercato. E tutti noi oggi stiamo vivendo in un modo o nell’altro gli effetti negativi di questa situazione. Credo che non possiamo restare immobili anche noi e limitarci ad essere spettatori passivi, sperando in tempi migliori.
Non ce lo possiamo permettere.
Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta” ci ha detto Henry Ford.
Credo che una meta oggi ci sia, ci possa essere e si chiami Innovazione Digitale applicata ai processi delle PA, delle aziende e dei professionisti. Infatti, sistemi corretti ed efficienti di digitalizzazione documentale garantirebbero trasparenza, risparmio ed efficienza (oltre che tutela dell’ambiente). Eppure in questi giorni, guardando svogliatamente i programmi proposti dai maggiori partiti italiani (PD, PDL e M5S) mi ha colpito come essi contengano pochi principi generalissimi sull’argomento che denotano una incredibile ignoranza in materia. Ed è incredibile che proprio un partito come il M5S, così fuori dagli schemi e che sui binari di internet ha affilato le sue armi , abbia dedicato così scarsa attenzione a questi argomenti.
Non basta tuonare proclami su una connessione Internet libera per tutti per risolvere i problemi dell’Italia Digitale.
Ci sono da sviluppare strategie e programmi, difendere regole tecniche che non arrivano mai, alfabetizzare cittadini e funzionari pubblici. Altrimenti il Digitale servirà solo ad aggiungere caos al caos.
Al centro di ogni processo di digitalizzazione ci devono essere:
- la consapevolezza da parte di tutti sugli strumenti che si stanno adoperando,
- una profonda attenzione alla protezione e alla sicurezza informatica dei data base
- una costante verifica dell’interoperabilità e l’applicazione di standard internazionali nei sistemi che si propongono
- un serio e attento sviluppo di archivi digitali che garantiscano una memoria autentica e affidabile nel tempo
- la certezza del diritto in tutte le operazioni che avvengono on line.
Per garantire tutto questo occorrono una forte volontà politica (che va costantemente stimolata su queste tematiche) e la creazione di professionalità nuove e trasversali.
Per questo credo che l’appuntamento del 13 marzo a Roma, il Dig.Eat (www.digeat.it), sia un’occasione da cogliere per essere davvero protagonisti, far sentire la propria voce e rilanciare il mercato del digitale documentale. Così come sarà importante essere presenti, in quanto soci ANORC (www.anorc.it), alla successiva assemblea del 14 marzo.
Durante il Dig.Eat saranno fondati Gli Stati Generali della Memoria Digitale (info: https://www.digeat.it/news/il-13-marzo-durante-il-digeat-di-anorc-la-fondazione-degli-stati-generali-della-memoria), che hanno proprio lo scopo di fungere da stimolo per il potere politico, costituendo un organismo interassociativo e trasversale che possa essere da pungolo costante per chi dovrà decidere il nostro futuro digitale.
Durante l’assemblea favoriremo la nascita di ANORC Professioni, perché senza una seria e garantita professionalità di Responsabili della conservazione digitale (quindi, Record Document Manager) e Responsabili del trattamento del dati personali (quindi, Privacy Officer) non si va da nessuna parte e non si possono rendere i bit dei solidi mattoni su cui costruire le fondamenta della Società dell’Informazione.
Per questo chiedo la partecipazione all’evento di tutti coloro che credono nel digitale. Non potete mancare. Perché se non si è oggi protagonisti di un cambiamento, allora è davvero inutile lamentarsi dopo.
Vi aspetto al Dig.Eat. Andrea Lisi (Presidente di ANORC)

venerdì 1 marzo 2013

Stop al redditometro che viola la privacy


Con l’Ordinanza del 21 febbraio 2013, il giudice del Tribunale di Napoli, Sez. distaccata di Pozzuoli, ha inibito all’Agenzia delle Entrate di intraprendere qualsiasi attività di ricognizione, archiviazione, conoscenza e utilizzo dei dati relativi agli accertamenti di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, alla luce del fatto che il D.M. del 24 dicembre 2012, disciplinante il c.d. redditometro, deve considerarsi nullo, ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990.
Nello specifico, tra le diverse e articolate motivazioni dell’Ordinanza in commento, rileva quella relativa alla violazione degli artt. 2 e 13 Cost., 1, 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali della UE, nonché l’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, poiché la disciplina sul redditometro prevede la raccolta e al conservazione di tutte le spese poste in essere non solo dal soggetto contribuente, ma dall’intero nucleo familiare, “che viene, quindi, definitivamente privato del diritto ad avere una vita privata, di poter gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse ad essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all’invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell’utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata quali quelli relativi alla spesa farmaceutica, al mantenimento e all’educazione impartita alla prole e alla propria vita sessuale”.
Inoltre, il giudice pone in rilievo la soppressione definitiva di ogni privatezza e dignità riguardante, non solo il singolo contribuente, ma in realtà tutti i componenti del nucleo familiare.
Il decreto impugnato, dunque, di fatto conferisce all’Agenzia delle Entrate un potere che va manifestamente oltre quello dell’ispezione fiscale consentito astrattamente dall’art. 14, co. 3, Cost., che in via eccezionale e tassativa non richiede la riserva di giurisdizione: il provvedimento ministeriale, in effetti, contempla “un potere di acquisizione, archiviazione e utilizzo di dati di ogni genere che nulla ha a che vedere con la mera ispezione, rappresentando un potere di cui non gode persino l’autorità giudiziaria penale”.
Da ultimo, di particolare interesse è l’inquadramento sistematico dei principi di riservatezza e di privatezza effettuato nell’Ordinanza in commento, annoverati tra i diritti fondamentali di cui all’art. 2 della Costituzione e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e che, dunque, non possono essere degradati a interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo. Sul punto, il giudice ha rilevato che non può esservi “né dignità, né libertà ove non vi sia protezione e piena autonomia delle proprie scelte quotidiane che si svolgono all’interno della legalità, autonomia che comporta ovviamente il non dover giustificarsi delle proprie scelte se non in casi di assoluta eccezionalità e in presenza di circostanze specifiche, concrete e determinate”, anche in ossequio al principio di proporzionalità.