Un recente studio condotto da Booz & Company e Google sull’andamento dell’industria creativa nel nostro Paese e in Europa (editoria e stampa, cinema, tv, musica e gaming) ha messo in evidenza quanto questa si avvantaggi degli strumenti offerti dalla digitalizzazione: lo studio segnala infatti per questo settore una crescita annua in Italia di circa il 2% a partire dal 2001 e quasi 20 miliardi di ricavi negli ultimi 10 anni (in linea con quanto accade nel resto d’Europa). In particolare i creatori grazie alla digitalizzazione godono di una più facile distribuzione delle loro opere e di nuovi e più numerosi canali per raggiungere il pubblico.
Lo studio evidenzia anche quanto siano cresciuti negli ultimi anni i ricavi provenienti dal business digitale (15% annuo) parimenti a un aumento considerevole del consumo dei media (basti pensare che secondo lo studio dedichiamo ora ad Internet circa il doppio del tempo rispetto a sette anni fa).
mercoledì 27 marzo 2013
lunedì 25 marzo 2013
Decreto cyber-sicurezza: quid novi?
Nella G.U. del
19 marzo è stato pubblicato l’attesissimo DPCM 24 gennaio 2013, recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza
informatica nazionale, c.d. decreto cyber-sicurezza.
Con il consueto ritardo rispetto ai principali partner europei che hanno
da tempo istituito organismi istituzionali deputati all’espletamento delle
medesime funzioni, il Legislatore italiano in tale provvedimento si è limitato a
prevedere che il CISR (Comitato
Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica) debba essere sentito ai
fini dell'adozione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri delle
direttive in materia di sicurezza cibernetica.
Ma la vera novità, forse, potrebbe essere nella decisione di istituire
presso la Scuola di formazione del DIS -
Dipartimento delle informazioni per la sicurezza di cui all'art. 4 della legge
n. 124/2007 - “un organo dedicato, cui affidare anche compiti funzionali alla
promozione e diffusione di una cultura della sicurezza cibernetica”?
Oppure nella costituzione di un Nucleo per la sicurezza cibernetica, da istituire
presso l'Ufficio del Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei
Ministri?
O forse ancora potrebbe essere nella previsione di un organo
interministeriale da attivare in caso di crisi, individuato nel Nucleo
interministeriale situazione e pianificazione, di cui al DPCM 5 maggio 2010,
prevedendone una configurazione, quale "Tavolo interministeriale di crisi
cibernetica"?
Purtroppo, non sembrano doversi rilevare innovazioni concrete, e che quindi
non si limitino all’intento di definire “l'architettura istituzionale deputata
alla tutela della sicurezza nazionale relativamente alle infrastrutture
critiche materiali e immateriali, con particolare riguardo alla protezione
cibernetica e alla sicurezza informatica nazionali”.
Il timore di molti, però, è che la moltiplicazione di centri decisionali
renda in realtà più faticosa l’adozione di seri provvedimenti in materia di
sicurezza cibernetica.
Da ultimo, occorre rilevare che il DPCM in commento riprende le
definizioni già utilizzate nel Glossario pubblicato dal DIS, che per la prima
volta, dunque, fanno la loro comparsa in una normativa (almeno) di livello
secondario.
Per il resto, non resta che aspettare il previsto “Piano nazionale per la
protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali”, dalle cui misure,
tuttavia, non dovranno derivare nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato,
come disposto espressamente dall’art. 13 del DPCM in commento.
sabato 9 marzo 2013
Ecco perché secondo me Grilli e Giaguari non sono sufficienti per garantire un futuro (anche digitale) al nostro Paese
Guardiamo tutti pazientemente e con una certa dose di
disagio quanto sta accadendo nel tessuto sociale, economico e politico del
nostro Paese. La crisi si avverte sempre di più e il mondo politico, invece di
cavalcare l’innovazione in un momento così delicato, resta immobile in una
imbarazzante paralisi, immerso come è nella palude che ha contribuito a
generare.
Tutto questo si riflette, come ben sappiamo, sul mercato. E
tutti noi oggi stiamo vivendo in un modo o nell’altro gli effetti negativi di
questa situazione. Credo che non possiamo restare immobili anche noi e
limitarci ad essere spettatori passivi, sperando in tempi migliori.
Non ce lo possiamo permettere.
“Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando
togli gli occhi dalla meta” ci ha detto Henry Ford.
Credo che una meta oggi ci sia, ci possa essere e si chiami
Innovazione Digitale applicata ai processi delle PA, delle aziende e dei
professionisti. Infatti, sistemi corretti ed efficienti di digitalizzazione
documentale garantirebbero trasparenza, risparmio ed efficienza (oltre che
tutela dell’ambiente). Eppure in questi giorni, guardando svogliatamente i
programmi proposti dai maggiori partiti italiani (PD, PDL e M5S) mi ha colpito
come essi contengano pochi principi generalissimi sull’argomento che denotano
una incredibile ignoranza in materia. Ed è incredibile che proprio un partito
come il M5S, così fuori dagli schemi e che sui binari di internet ha affilato
le sue armi , abbia dedicato così scarsa attenzione a questi argomenti.
Non basta tuonare proclami su una connessione Internet
libera per tutti per risolvere i problemi dell’Italia Digitale.
Ci sono da sviluppare strategie e programmi, difendere
regole tecniche che non arrivano mai, alfabetizzare cittadini e funzionari
pubblici. Altrimenti il Digitale servirà solo ad aggiungere caos al caos.
Al centro di ogni processo di digitalizzazione ci devono
essere:
- la consapevolezza da parte di tutti sugli strumenti che si
stanno adoperando,
- una profonda attenzione alla protezione e alla sicurezza
informatica dei data base
- una costante verifica dell’interoperabilità e
l’applicazione di standard internazionali nei sistemi che si propongono
- un serio e attento sviluppo di archivi digitali che
garantiscano una memoria autentica e affidabile nel tempo
- la certezza del diritto in tutte le operazioni che
avvengono on line.
Per garantire tutto questo occorrono una forte volontà
politica (che va costantemente stimolata su queste tematiche) e la creazione di
professionalità nuove e trasversali.
Per questo credo che l’appuntamento del 13 marzo a Roma, il
Dig.Eat (www.digeat.it), sia un’occasione da
cogliere per essere davvero protagonisti, far sentire la propria voce e
rilanciare il mercato del digitale documentale. Così come sarà importante
essere presenti, in quanto soci ANORC (www.anorc.it),
alla successiva assemblea del 14 marzo.
Durante il Dig.Eat saranno fondati Gli Stati Generali
della Memoria Digitale (info: https://www.digeat.it/news/il-13-marzo-durante-il-digeat-di-anorc-la-fondazione-degli-stati-generali-della-memoria),
che hanno proprio lo scopo di fungere da stimolo per il potere politico,
costituendo un organismo interassociativo e trasversale che possa essere da
pungolo costante per chi dovrà decidere il nostro futuro digitale.
Durante l’assemblea favoriremo la nascita di ANORC
Professioni, perché senza
una seria e garantita professionalità di Responsabili della conservazione digitale
(quindi, Record Document Manager) e Responsabili del trattamento del dati
personali (quindi, Privacy Officer) non si va da nessuna parte e non si possono
rendere i bit dei solidi mattoni su cui costruire le fondamenta della Società
dell’Informazione.
Per questo chiedo la partecipazione all’evento di tutti
coloro che credono nel digitale. Non potete mancare. Perché se non si è oggi
protagonisti di un cambiamento, allora è davvero inutile lamentarsi dopo.
Vi aspetto al Dig.Eat. Andrea Lisi (Presidente di ANORC)
venerdì 1 marzo 2013
Stop al redditometro che viola la privacy
Con l’Ordinanza del 21 febbraio 2013, il giudice del Tribunale di Napoli, Sez. distaccata di Pozzuoli, ha inibito all’Agenzia delle Entrate di intraprendere qualsiasi attività di ricognizione, archiviazione, conoscenza e utilizzo dei dati relativi agli accertamenti di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, alla luce del fatto che il D.M. del 24 dicembre 2012, disciplinante il c.d. redditometro, deve considerarsi nullo, ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990.
Nello specifico, tra le diverse e articolate motivazioni dell’Ordinanza in commento, rileva quella relativa alla violazione degli artt. 2 e 13 Cost., 1, 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali della UE, nonché l’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, poiché la disciplina sul redditometro prevede la raccolta e al conservazione di tutte le spese poste in essere non solo dal soggetto contribuente, ma dall’intero nucleo familiare, “che viene, quindi, definitivamente privato del diritto ad avere una vita privata, di poter gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse ad essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all’invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazioni dell’utilizzo della propria autonomia e senza dover subire intrusioni anche su aspetti delicatissimi della vita privata quali quelli relativi alla spesa farmaceutica, al mantenimento e all’educazione impartita alla prole e alla propria vita sessuale”.
Inoltre, il giudice pone in rilievo la soppressione definitiva di ogni privatezza e dignità riguardante, non solo il singolo contribuente, ma in realtà tutti i componenti del nucleo familiare.
Il decreto impugnato, dunque, di fatto conferisce all’Agenzia delle Entrate un potere che va manifestamente oltre quello dell’ispezione fiscale consentito astrattamente dall’art. 14, co. 3, Cost., che in via eccezionale e tassativa non richiede la riserva di giurisdizione: il provvedimento ministeriale, in effetti, contempla “un potere di acquisizione, archiviazione e utilizzo di dati di ogni genere che nulla ha a che vedere con la mera ispezione, rappresentando un potere di cui non gode persino l’autorità giudiziaria penale”.
Da ultimo, di particolare interesse è l’inquadramento sistematico dei principi di riservatezza e di privatezza effettuato nell’Ordinanza in commento, annoverati tra i diritti fondamentali di cui all’art. 2 della Costituzione e dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e che, dunque, non possono essere degradati a interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo. Sul punto, il giudice ha rilevato che non può esservi “né dignità, né libertà ove non vi sia protezione e piena autonomia delle proprie scelte quotidiane che si svolgono all’interno della legalità, autonomia che comporta ovviamente il non dover giustificarsi delle proprie scelte se non in casi di assoluta eccezionalità e in presenza di circostanze specifiche, concrete e determinate”, anche in ossequio al principio di proporzionalità.
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