Quando l’Icann (organismo internazionale che ha in carico la gestione dei domini) ha dato il via alla liberalizzazione dei domini di primo livello (avvenuta agli inizi del 2012) già si prevedeva che questo cambiamento sarebbe stato ricco di implicazioni, attirando l’interesse di molte aziende per motivi di marketing, ma anche penalizzandone altre e creando situazioni complesse.
E in effetti una situazione piuttosto ingarbugliata è quella che si è creata attorno ai due domini .wine e .vin, per aggiudicarsi i quali hanno presentato domanda tre società private che non hanno nulla a che vedere con la produzione del vino, suscitando l’ira dei produttori europei del settore che chiedono all’Icann di non accettare questa richiesta almeno finché non ci saranno sufficienti tutele e garanzie per i vini a denominazione d’origine.
Anche Neelie Kroes, titolare delle competenze per l’Agenda Digitale della Commissione sembra sostenere le ragioni dei produttori di vino in una lettera in cui auspica una soluzione “compatibile con la legislazione comunitaria e internazionale in materia di indicazioni geografiche”.
Di avviso opposto i sostenitori della liberalizzazione del web, secondo i quali queste, come altre estensioni, dovrebbero essere assegnate senza eccezioni o regole speciali.
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