giovedì 17 aprile 2014

Se insultate qualcuno su Facebook potreste essere condannati per diffamazione

Da oggi se insultate qualcuno su Facebook o altri social network, anche senza fare nomi, rischiate di essere denunciati e condannati per diffamazione. La Corte di Cassazione ha di fatto annullato l'assoluzione di un maresciallo capo della Guardia di Finanza che aveva scritto sulla sua bacheca:  "attualmente defenestrato a causa dell'arrivo di in collega sommamente raccomandato e leccaculo" riferendosi a un collega.
Il tribunale di Roma l'aveva condannato a tre mesi di reclusione per diffamazione pluriaggravata. In secondo grado era stato assolto per insussistenza del fatto, dato che non aveva fatto il nome dell'interessato.
La Corte di Cassazione però ha accolto il ricorso del procuratore generale militare annullando l'ultima sentenza perché sempre attraverso le piattaforme social  "chiunque, collega o conoscente dell'imputato, avrebbe potuto individuare la persona offesa".
L'errore del maresciallo è stato anche quello di lasciare il profilo completamente pubblico. "Le impostazioni di privacy della bacheca sono un dettaglio importante", ha spiegato Caterina Malavenda, avvocato esperto di diritto dell’informazione e del reato di diffamazione. "Se la bacheca è aperta e quindi accessibile a chiunque sia iscritto al social network, si può considerare Facebook un mezzo di comunicazione di massa, facendo scattare anche un'aggravante, perché appunto non limitata a destinatari specifici".
Dunque insultare in forma anonima paradossalmente è meno rischioso nella vita reale.

venerdì 4 aprile 2014

Google paga una multa da 1 milione di euro inflitta dal Garante privacy per il servizio Street View

Google ha pagato una sanzione di 1 milione di euro applicata dal Garante privacy per il servizio Street View. I fatti contestati risalgono al 2010 quando le auto del colosso di Mountain View percorrevano le strade italiane senza essere perfettamente riconoscibili e non consentendo, in tal modo, alle persone presenti nei luoghi percorsi dalle "Google Cars" di decidere se sottrarsi o meno alla "cattura" delle immagini. Numerose erano state le segnalazioni all'Autorità da parte di persone che non desideravano comparire nelle foto pubblicate on line (che, peraltro, permangono in rete per un tempo considerevole e possono essere ingrandite).
Il Garante aveva prescritto [doc. web n. 1759972] alla società di Mountain View di rendere le "Google cars" facilmente individuabili, attraverso cartelli o adesivi ben visibili, di pubblicare sul proprio sito web, tre giorni prima dell'inizio delle riprese, le località visitate dalle vetture di Street View, stabilendo che per le grandi città è necessario indicare i quartieri in cui circolano le vetture. Analogo avviso deve essere pubblicato da Google sulle pagine di cronaca locale di almeno due quotidiani e diffuso per mezzo di un'emittente radiofonica locale per ogni regione visitata. Le misure sono state tempestivamente adottate da Google.
A conclusione dell'intero procedimento sanzionatorio il Garante ha ritenuto di applicare [doc.web n. 2954309], anche in relazione al fatto che i dati raccolti illecitamente erano destinati a confluire all'interno di una grande banca dati di particolare rilevanza, quale è sicuramente quella gestita da Google nell'ambito del servizio Street View, la sanzione nella cifra complessiva di un milione di euro, pagata qualche settimana fa da Google.
Proprio tenendo conto di trovarsi di fronte a una società che, nell'anno 2012, ha registrato un fatturato consolidato pari a oltre 50 miliardi di dollari, il Garante ha deciso di avvalersi della norma del Codice privacy che mira a rendere effettive le sanzioni quando sono dirette a soggetti di notevoli dimensioni economiche.