La Corte Europea si è pronunciata qualche giorno addietro sulla controversia nata fra eBay e L'Oréal. Si aggiunge così un altro capitolo a questa lunga querelle legale iniziata nel 2007: la multinazionale francese accusò il sito di aste on-line di essere coinvolto nella violazione perpetrata a danno del suo marchio da alcuni “venditori” virtuali, che avevano immesso su eBay prodotti contraffatti col marchio L’Oréal.
Secondo L’Oréal prova della cattiva fede di eBay e della sua “complicità” nel reato di violazione del marchio è l’aver acquistato da servizi di posizionamento parole chiave palesemente legate alle sue linee, per guidare i naviganti della rete verso le pagine incriminate in cui erano proposti i prodotti “taroccati”.
La Corte Europea ha decisamente redarguito eBay, stabilendo innanzitutto che il titolare di un marchio può fare valere i suoi diritti nei confronti di un venditore ogni qual volta l’attività di quest’ultimo, per volume e frequenza di vendite, non possa più essere considerata “privata” - e questa possibilità nel caso di una piattaforma frequentata da migliaia di persone come eBay non può certo essere sostenuta.
Secondo la Corte, inoltre, quando un gestore controlla i dati delle offerte e promuove e mette in evidenza le stesse assume un “ruolo attivo” che esclude la possibilità di una sua deresponsabilizzazione nei confronti delle violazioni che vengono effettuate sul suo sito.
Questa sentenza sembra muoversi nella nuova direzione di un maggior coinvolgimento dei gestori di alcuni siti “contenitore” nell’attività di controllo e vigilanza, atta a prevenire e arginare comportamenti illegali in rete.
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