I giudici della III Sez. della Corte di Lussemburgo, con la sentenza del 24.11.2011 n° C-70/10, si sono pronunciati sulla questione pregiudiziale posta dalla Cour d’Appel di Bruxelles, chiarendo che la lettura in combinato disposto tra le direttive comunitarie 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, in considerazione anche delle garanzie derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, deve essere interpretata nel senso che il diritto comunitario osta alla possibilità che l’Autorità Giudiziaria possa ingiungere a un fornitore di servizi internet di predisporre il sistema di filtraggio anti-pirateria, stante l’assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse e di prevenire i download illegali di file.
In particolare, «da un lato, infatti, è pacifico che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli indirizzi IP degli utenti all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso suddetti utenti.
Dall’altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un contenuto illecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione dipende anche dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto di autore che variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, in certi Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio o possono essere state messe in linea gratuitamente da parte dei relativi autori.
Pertanto, occorre dichiarare che, adottando l’ingiunzione che costringe il [fornitore di servizi internet] a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro, la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni».
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