Anche le società a partecipazione pubblica devono dotarsi del Modello organizzativo previsto dal D. Lgs. 231/2001. È quanto ha statuito la II Sezione Penale della Cassazione nella sentenza n. 234 del 26 ottobre 2010. In questa pronuncia, infatti, la Suprema Corte ha chiarito che «la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria ma non sufficiente per l'esonero dalla disciplina in questione; deve necessariamente essere presente anche la condizione dell'assenza di svolgimento di attività economica da parte dell'ente medesimo». La ratio dell'esenzione dall'applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2001 per lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli altri enti pubblici non economici (D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 1, u.c.) è infatti quella di escludere dall'applicazione delle misure cautelari e delle sanzioni contemplate nella disciplina in oggetto, non solo gli enti pubblici e le società partecipate da capitale pubblico in base a una mera qualificazione formale, ma solo quelli che svolgano funzioni non economiche, istituzionalmente rilevanti, sotto il profilo dell'assetto dello Stato, al fine di evitare la sospensione di funzioni essenziali nel quadro amministrativo descritto dalla Costituzione. In particolare, la Cassazione ha posto in rilievo che «l'attribuzione di funzioni di rilevanza costituzionale, quali sono riconosciute agli enti pubblici territoriali, come i Comuni, non possono per consuetudine essere riconosciute a soggetti che hanno la struttura di una società per azioni, in cui la funzione di realizzare un utile economico è comunque un dato caratterizzante la loro costituzione».
Alla stregua di queste considerazioni, occorre evidenziare l’importanza che anche le società partecipate da capitale pubblico si dotino del Modello organizzativo di cui al D.Lgs. 231/2001, che deve essere redatto ponendo la giusta attenzione all’individuazione e alla prevenzione di quelli che costituiscono i potenziali rischi di commissione di illeciti amministrativi che sono propri dei diversi ambiti di attività in cui un ente può operare, evitando il ricorso a modelli e formulari standard che possono, poi, rivelarsi inadatti ai settori di attività specifici di ogni ente.
di dott.ssa Sarah Ungaro - D&L Department
Alla stregua di queste considerazioni, occorre evidenziare l’importanza che anche le società partecipate da capitale pubblico si dotino del Modello organizzativo di cui al D.Lgs. 231/2001, che deve essere redatto ponendo la giusta attenzione all’individuazione e alla prevenzione di quelli che costituiscono i potenziali rischi di commissione di illeciti amministrativi che sono propri dei diversi ambiti di attività in cui un ente può operare, evitando il ricorso a modelli e formulari standard che possono, poi, rivelarsi inadatti ai settori di attività specifici di ogni ente.
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