La notizia giunge dal Tribunale di Palermo che, con sentenza del 11 giugno 2011, n.6139, ha condannato un istituto di credito poiché lo stesso ha consentito un bonifico non autorizzato da un conto corrente di due suoi clienti, non avendo tra l’altro fornito la prova circa la legittimità di tali operazioni bancarie (ovvero di “non aver adottato tutte le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, a prevenire danni, come quelli verificatisi in capo agli attori, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge, posto che la diligenza richiesta deve essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione inerisce all'esercizio di un'attività professionale. Nel caso in esame, nessuna prova è stata fornita ed il sistema adottato dalla convenuta appare inadeguato se raffrontato con quello adoperato da altri operatori, cui successivamente la stessa società convenuta si è conformata”).
Nella sentenza vengono richiamati, in particolare, gli artt. 15 e 31 del Codice Privacy che statuiscono rispettivamente che “chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile” e che “i dati personali oggetto di trattamento devono essere custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l'adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta”.
Tale sentenza, pertanto, rievoca alla mente una sorta di responsabilità oggettiva che grava nei confronti di tutti i Titolari del trattamento, i quali, com’è noto, sono obbligati ad adottare le varie misure di sicurezza (minime, idonee e necessarie), dovendone fornire una prova anche in una eventuale fase di giudizio.
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